EPITROCLEITE
L’epitrocleite o gomito del golfista è una patologia dolorosa del gomito causata da degenerazione tendinea e sovraccarico funzionale dei muscoli epitrocleari, frequente nei giocatori di golf e nelle categorie professionali che compiono ripetuti movimenti di flessione e pronazione. Si tratta di un’infiammazione tendinea conseguente a microtraumi ripetuti che sovvertono ed indeboliscono la struttura del tendine dei muscoli flessori (flessione di polso e dita, pronazione), procurando dolore sulla superficie interna del gomito che si irradia al polso. I soggetti maggiormente colpiti sono uomini di età compresa tra i 30 ed i 50 anni, per lo più nell’arto dominante.
I sintomi dell’epitrocleite iniziano in maniera insidiosa ed aumentano progressivamente con il passare delle settimane. La manifestazione principale è il dolore sulla superficie interna del gomito che si irradia alla mano ed è esacerbato da tutti i movimenti che coinvolgono i muscoli flessori dell’avambraccio. L’arto coinvolto è spesso quello dominante, anche se entrambi possono essere colpiti. Spesso, si associano i sintomi da compressione del nervo ulnare. Per la diagnosi è necessario eseguire test clinici specifici che possono essere affiancati da esami diagnostici, quali risonanza magnetica, ecografia e radiografie.
La prima linea di trattamento consiste nell’evitare le attività sportive o lavorative che causano o incrementano il dolore, associandovi l’assunzione per via orale di farmaci antinfiammatori ed l’utilizzo di tutori di neutralizzazione che, mettendo a riposo i muscoli coinvolti, aiutano ad alleviare i sintomi e ridurre l’infiammazione locale. Se tali presidi risultano efficaci, la terapia può essere implementata con un programma riabilitativo orientato allo stretching ed al rafforzamento selettivo dei muscoli dell’avambraccio. Se la sintomatologia persiste, è possibile effettuare infiltrazioni locali con corticosteroidi. Negli ultimi anni, la comunità scientifica ha rivolto la sua attenzione all’utilizzo locale del PRP (plasma ricco in piastrine) che, data la sua elevata concentrazione di fattori di crescita, favorisce la risoluzione del quadro infiammatorio tendineo.
Se dopo un periodo di 6 mesi il trattamento conservativo non risolve la patologia, può essere valutata l’opzione del trattamento chirurgico. La procedura, effettuabile a cielo aperto o in endoscopia, consiste nella cruentazione locale con l’obiettivo di incrementare la vascolarizzazione locale e e promuovere la risoluzione dello stato infiammatorio. Anche intraoperatoriamente può essere valutato l’utilizzo del PRP che, applicato direttamente sul tendine, crea una riserva locale di fattori di crescita favorenti la guarigione. Di frequente è necessario procedere anche ad intervento di decompressione e/o trasposizione del nervo ulnare.