PIEDE PIATTO
Il piede piatto è caratterizzato da una riduzione patologica dell’arco plantare e pronazione del complesso astragalo-calcaneare. Il piede piatto nel bambino può essere considerato come una variante fisiologica asintomatica dovuto ad una lassità legamentosa generalizzata, oppure secondario ad una brevità del tendine d’Achille, associato ad un osso scafoide accessorio che determina un malfunzionamento secondario del tendine tibiale posteriore (il principale muscolo cavizzante del piede) secondario ad una sinostosi astragalo-calcaneare. Nel bambino, la prima forma non viene considerata patologica ed è generalmente asintomatica. Le altre forme vengono trattate se e quando compaiono i sintomi (dolore ai piedi, dolore alle gambe)
Nell’adulto il piede piatto è generalmente secondario ad una disfunzione del tendine tibiale posteriore, il cui muscolo è il principale cavizzante del piede, e il malfunzionamento dell’apparato capsulolegamentoso del tibio-astragalo-calcaneale. Queste strutture vengono stirate progressivamente, formando un circolo vizioso. Infatti, le strutture tendinee e capsulo-legamentose sono lasse e ipofunzionanti, ciò determina la deformità. Più la deformità va avanti, più le strutture si infiammano e si allungano e meno funzionano. Clinicamente si manifesta con appiattimento dell’arco plantare, abduzione del meso-avampiede e calcagno valgo. Più frequentemente interessa donne di mezza età, e si presenta con dolore ai piedi, dolore alla caviglia lungo il decorso del tendine tibiale posteriore (all’interno della caviglia), fino ad avere dolore laterale negli stadi più gravi. Viene classificato in IV stadi, i primi due sono caratterizzate da una deformità riducibile, dove i principali fastidi sono legati alla tendinopatia del tendine tibiale posteriore. Negli stati III e IV la deformità non è più riducibile e si definisce rigida. In questi casi le articolazioni iniziano a soffrire, fino a diventare artrosiche, nell’ultimo stadio.
Il trattamento è differenziato a seconda dello stadio e può essere di tipo conservativo o chirurgico. Per gli stadi iniziali è possibile il trattamento conservativo, con fisioterapia, antiinfiammatori e uso di ortesi, iniezioni di fattori di crescita piastrinici (PRP).
Per gli stadi avanzati, generalmente il trattamento è chirurgico e differenziato a seconda della gravità e delle caratteristiche del paziente. Esse variano dall’esplorazione tendinea (per il trattamento della tendinopatia del tibiale posteriore) alla artroeresi (inserimento di una vite nel seno del tarso che corregge dall’interno la deformità), fino a osteotomie correttive delle deformità e, solo nei casi più gravi, artrodesi (fusione delle articolazioni) che hanno subito una degenerazione artrosica.
PIEDE CAVO
Il piede cavo è una deformità del piede caratterizzata da un arco plantare eccessivamente pronunciato. Può essere dovuto ad una contrattura della fascia plantare, o ad una debolezza relativa del muscolo tibiale anteriore rispetto al peroneo lungo. Tale condizione determina uno sbilancio in senso cavizzante dei muscoli del piede. Vi sono poi delle patologie neurologiche che si associano al piede cavo. Le più frequenti tra queste sono la Charcot-Marie-Tooth, l’Atassia di Friedreich e la Poliomielite. Per tale motivo in un caso di piede cavo, specialmente se bilaterale e progressivo, è necessario un adeguato percorso diagnostico neurologico.
Il principale sintomo del piede cavo è un callo doloroso al di sotto della I e V testa metatarsale. Tale condizione limita la deambulazione, soprattutto per lunghi tratti.
Il trattamento conservativo è possibile nelle forme più lievi e consiste nell’uso di un plantare semirigido con delle depressioni al di sotto della I e V testa metatarsale.
Il trattamento chirurgico invece consiste nel release della fascia plantare, allungamento del tendine d’Achille, transfer del tibiale posteriore e osteotomia del I metatarsale. Se la deformità è strutturata si può associare anche una osteotomia valgizzante di calcagno.